Lettura a voce alta e recitazione: facciamo chiarezza
Si è creata molta confusione intorno alla lettura a voce alta da quando il mondo dell’audiolibro è sotto i riflettori: chi dice che la lettura debba essere recitata, chi sostiene non si debba assolutamente interpretare, chi asserisce che chiunque possa narrare e chi risponde che può farlo solo chi abbia studiato certe arti piuttosto che altre.
Facciamo un po’ di chiarezza: non esiste una legge universale che definisca i canoni della lettura ad alta voce.
La lettura a voce alta è un arte, a noi piace definirla arte del tempo, e come tale è soggetta a manipolazioni creative e adattamento ai contesti d’uso.Leggere a voce alta, secondo noi, significa usare la voce come inchiostro e dare una dimensione sonora al testo scritto; dal nostro punto di vista la lettura ad alta voce è espressiva, non recitata né monotonica, per il semplice fatto che la voce deve trasmettere emozioni e immagini, dunque non può esserne totalmente priva.
Il ruolo del narratore
Se la lettura a voce alta non è recitazione, come collochiamo il narratore? Qual è il suo ruolo, e qual è la sua formazione? Quali competenze deve avere?
La voce narrante è l’anello di collegamento tra autore, storia e ascoltatore; ha la responsabilità di restituire le corrette intenzioni al testo pur rispettando l’autonomia del lettore, che ha bisogno di poter creare le proprie immagini mentali del testo.
Il delicato equilibrio da raggiungere è quello di accompagnare senza guidare, quindi far arrivare significati ed emozioni all’ascoltatore, influenzando il meno possibile la sua immaginazione con la nostra.Detto così sembra una cosa complicatissima, ma è davvero molto semplice: attraverso la lettura ad alta voce creiamo un punto di vista che non necessariamente è quello del lettore: le nostre simpatie o antipatie, il nostro coinvolgimento o meno rispetto a ciò che stiamo leggendo, non devono arrivare all’ascoltatore, che deve essere libero di sviluppare le sue simpatie o antipatie e il suo coinvolgimento o meno nella storia.
Perché leggere a voce alta non è recitare
Se leggere a voce alta significa restituire un punto di vista neutro, va da sé che leggere in maniera recitata implica creare un punto di vista specifico, recitato, appunto.
La narrazione, intesa come la declamazione di un testo narrativo, veicola la storia, o lo scritto in generale, nel suo complesso, riportando in maniera neutra tutti gli elementi narrativi, tutte le voci dei personaggi e quella dell’autore; la recitazione mira a ricreare l’atmosfera emotiva della specifica voce di un personaggio o di un punto di vista, creando una connessione empatica con chi ascolta, che potrà vivere quella gamma emotiva attraverso l’interpretazione dell’attore.
In qualche modo la narrazione restituisce la responsabilità a chi ascolta di comporre la storia con le proprie emozioni, mentre la recitazione mostra un’emotività già costruita che si può accettare o meno.
La lettura ad alta voce crea una relazione con chi ascolta, basata (anche) su questa partecipazione nell’attribuzione di significato a quel che verrà letto e ascoltato, la recitazione pone chi ascolta nel ruolo di spettatore che può risuonare o meno con l’emozione che viene mostrata.
Competenze trasversali del narratore
Per leggere a voce alta serve sviluppare una serie di competenze analoghe a quelle attoriali, sebbene non sia strettamente necessario averle tutte: se parliamo di audiolibri e podcast sarà sufficiente una buona capacità interpretativa, se invece ci spostiamo sul radiodramma allora sì che servirà saper recitare (ne parliamo più sotto).
L’uso della voce, la respirazione diaframmatica, l’ingaggio del corpo nella lettura, l’uso veicolante del paraverbale e una discreta dose di sensibilità, sono caratteristiche che accomunano narratore e attore, dunque possiamo parlare di competenze trasversali nella lettura a voce alta.
Non è necessario aver fatto un percorso teatrale per poter narrare ma è sicuramente di aiuto, così come un corso di doppiaggio non sottende la capacità di restituire una buona lettura ad alta voce.
La narrazione audio è un mondo multidisciplinare in cui le materie artistiche portano sana contaminazione e creano contesti di crescita professionale e personale, se sappiamo essere onesti e riconoscere che non esiste una certificazione professionale come “narratore”.
I corsi di lettura espressiva, infatti, sono solitamente contenitori di più discipline in costante aggiornamento, perché l’arte della lettura a voce alta cresce insieme al contesto sociale in cui la si vive.
Audiolibri e radiodrammi
Qui potrebbe nascere il seme della discordia: il radiodramma è parte della storia della radio e costituisce buona parte dell’immaginario collettivo legato alla percezione del moderno audiolibro; siamo stati abituati per anni a narrazioni recitate a più voci, almeno un paio di generazioni -se non tre- sono cresciute con le Fiabe Sonore e quindi è normale che in molti considerino l’audiolibro come figlio legittimo di quella tipologia di narrazione audio.
Per quanto sussistano analogie fra essi, i radiodrammi non hanno la paternità dell’audiolibro, esattamente come la radio non è madre legittima del podcast: sono forme di comunicazione nate in contesti sociali differenti, evolute insieme alle tecnologie e alle necessità dei rinnovati stili di vita.
Il fatto che abbiano in comune l’uso della voce e la diffusione da un apparecchio, non inserisce questi prodotti in una scala gerarchico-familiare con diritto di parola sul presunto prodotto figlio.
Pertanto il radiodramma, anche nella sua chiave moderna come ad esempio il progetto di Adriano Saleri (che ha curato un laboratorio di radiodramma nella nostra academy) si basa sulla recitazione e sull’immersione nel contesto narrato, oserei dire in forma di voyeurismo acustico; l’audiolibro invece, mantiene una distanza diversa dalla storia, permettendone la fruizione da un punto di ascolto più “riparato”.
Sfatiamo il mito del narratore pret-a-porter
Non è possibile pensare di poter mettere una persona davanti al microfono e pretendere che sappia restituire per forza la storia solo perché sa usare bene la voce; la lettura ad alta voce richiede diverse competenze, un costante allenamento e determinate specializzazioni che rendono quello del narratore, un ruolo da costruire con tempo e impegno.
L’attore è facilitato nel percorso, poiché sviluppa una sensibilità artistica notevole e lavora sulla lettura dei copioni ma, a meno che tra i suoi studi non ci sia una formazione sulla lettura espressiva, quest’ultima è una tappa indispensabile per ciascun professionista della lettura a voce alta.
Aggiungo, sapendo di rischiare di suonare un po’ scomoda, che formazioni di 8 ore non creano narratori fatti e finiti (no, nemmeno i nostri workshop intensivi ti fanno uscire imparato) ma serve che i formatori sappiano insegnare le corrette basi, che sappiano imbastire i concetti sui modelli di apprendimento dei corsisti e, soprattutto che passino il valore dell’impegno costante e continuo, la vera chiave di volta di ogni narratore professionista.
Mina è la cantante che è perché non ha mai smesso, nemmeno un singolo giorno, di allenarsi al canto, anche quando non si esibiva.
Perciò, che tu sia un attore o meno, non smettere di leggere nemmeno un giorno, se vuoi professionalizzarti nella lettura ad alta voce.
Quindi per leggere a voce alta…
Riassumendo quanto ci siamo detti fin qui, per professionalizzarsi nella lettura a voce alta:
- non è necessario essere un attore
- il percorso formativo attoriale è comunque di enorme aiuto
- se si preferisce la lettura recitata ci si può orientare al radiodramma
- vanno sviluppate competenze artistiche trasversali
- a prescindere dal saper recitare o meno, ci si deve allenare costantemente
Spero si capisca da ciò che ho scritto che ho ugual rispetto e stima di attori e narratori, e amo quando questi due ruoli si fondono in narrazioni strepitose (hai mai sentito Harry Potter letto da Francesco Pannofino?). Ma e è importante non partire dal presupposto che l’uno sia equivalente all’altro nella performance narrativa.